Carol Rama intervistata da Maurizio Cattelan
Intervista tratta dal libro La passione secondo Carol Rama
Maurizio Cattelan: Quando hai capito di essere un'artista?
Carol Rama: Nasciamo tutti artisti. Alcune persone, però, scelgono di esserlo.
MC: E quando hai deciso di essere un'artista?
CR: Avevo più o meno quindici anni. Ogni problema era una fonte di ispirazione. Anziché essere come le altre donne, una pettegola o una rompiscatole, io disegnavo. Ho avuto una fortuna incredibile.
MC: Trovo che essere un artista sia molto più difficile di quanto avessi immaginato. Il duro lavoro, la pressione...
CR: Credimi, è più semplice essere un'artista che una casalinga. Le casalinghe non vanno a dormire prima delle due del mattino, non sembrano più giovani della loro età e non guadagnano le cifre che guadagno io. Da giovane, una persona che dipingeva come facevo io poteva essere libera. Avrei potuto essere una lesbica o una puttana, e comunque essere in grado di dire cose che le altre donne non potevano dire. Cose che loro non potevano nemmeno sognare.
MC: Tuttavia la tua famiglia e i tuoi amici devono averti fatto delle forti pressioni. Bisogna sistemarsi, sposarsi...
CR: Sono sposata con la pittura.
MC: Questo non ti fa sentire sola, di tanto in tanto?
CR: Penso che stare soli sia una delle cose migliori della vita. È bellissimo: posso riflettere, studiare, sognare, suscitare l'entusiasmo altrui, sempre da sola. È fantastico.
MC: Hai detto di essere sposata con la pittura. E, come ogni matrimonio ben riuscito, le hai dedicato tutta la tua vita. Hai dato molto alla pittura, ma che cosa hai ricevuto in cambio?
MC: Mettiamola così: tutti noi soffriamo di una malattia tropicale per la quale cerchiamo una cura. La mia cura è la pittura. Dipingo innanzi tutto per guarire me stessa. A volte anche le persone che osservano, se sono sulla mia stessa lunghezza d'onda, possono essere guarite.
(Continua sotto)
MC: Questa è una delle tue affermazioni più famose: "Dipingo per guarire". Da che cosa stai guarendo?
CR: Quando parlo di guarigione, parlo di una guarigione veniale per la fornicazione in un mondo di paure senza limiti. Se non si hanno limiti, si può essere puniti per qualsiasi cosa.
MC: Tu di sicuro ne sai qualcosa. Uno degli aneddoti più incredibili che ho sentito su di te racconta di quando la polizia vietò la tua prima mostra alla Galleria Faber di Torino, nel 1945. Dev'essere stato un momento terribile. Hai avuto l'impressione che la tua carriera fosse finita prima ancora di cominciare?
CR: No, direi di no. Credo sia importante avere un lato criminale. Ne siamo tutti soggetti perché non siamo certo degli angeli.
MC: Ma cos'hai fatto di tanto terribile?
CR: Diciamo solo che ho sempre amato le situazioni e gli oggetti che vengono rifiutati. Ho sempre provato curiosità per l'erotico. Amo i feticci. L'erotismo. Il sesso.
MC: Che cosa ti attrae dell'erotismo?
CR: L'erotismo per me è il rifiuto di ogni pruderie. Ha a che fare con la sensualità, con il rapporto con i propri sensi, con il corpo. Ha a che fare con il corpo, analizzato e sezionato in tutte le sue parti anatomiche, in tutti i suoi pezzi e funzioni.
MC: Qual è la parte del corpo che preferisci?
CR: La lingua.
MC: Che cosa ti piace della lingua?
CR: È la mia preferita perché non invecchia mai.
MC: Sai che cos'altro si dice della lingua? Che può essere l'arma più pericolosa in assoluto. Capace di ferire profondamente di qualsiasi cosa.
CR: È vero. Sai, ho sempre pensato che le donne siano più intelligenti degli uomini. Sono incredibilmente acute. Ma possono essere maligne con le altre donne. Quando scoprono che un'altra donna è più astuta di loro, o più affascinante, vanno nel panico. E spettegolano.
MC: Non credi che anche gli uomini spettegolino?
CR: Gli uomini hanno altri problemi. Sono molto fragili ma devono dimostrarsi forti, e cadono in depressione. Per avere stima di sé. devono godere di popolarità a livello sociale.
MC: Parlando di popolarità, rimango sempre perplesso nel vedere che alcuni artisti vengono riconosciuti come tali soltanto quando raggiungono una certa età. Secondo te perché accade?
CR: Nel mio caso credo sia successo perché all'inizio alla gente non piacevo. Ma ho delle ottime qualità, che con il tempo vengono riconosciute.
MC: Ritieni che le tue opere siano cambiate nel corso degli anni?
CR: Non direi. Ancora adesso lavoro come facevo a quattordici anni. Nello stesso modo Ho qualche dote in più, più esperienza, ma sono rimasta la stessa. Non sono cambiata.
MC: Quali sono stati i principali punti di riferimento agli inizi della tua carriera?
CR: Ho sempre rifuggito riferimenti e referenti. C'è un aspetto dell'arte contemporanea che considero alla stregua di una malattia incurabile: la pratica dell'emulazione e dell'evocazione. L'ho sempre odiata.
Frequento regolarmente pochissimi artisti. Forse la paura di non integrarmi nel mondo dell'arte è cresciuta con l'età. Ho un dialogo con una cerchia molto ristretta.
MC: Però nella tua vita hai incontrato molti personaggi straordinari. Pier Paolo Pasolini, Man Ray, Andy Warhol...
CR: Ah, si. Pasolini era un uomo bello, intelligente, affascinante. Eppure aveva paura di morire giovane.
MC: E Warhol?
CR: Warhol era brillante. Era dotato di un'intelligenza straordinaria. Non era una persona facile. Era complicato, sfuggente.
MC: Chi era il tuo migliore amico?
CR: Il mio migliore amico è stato Edoardo Sanguineti. L'uomo più libero ed erudito che abbia mai conosciuto.
MC: Che cosa lo rendeva libero?
CR: L'erudizione. Si può essere liberi solo se si è colti; in caso contrario, si è legati alla propria famiglia e alle persone da cui si è amati.
MC: Ricordi il vostro primo incontro?
CR: È stato nel 1946. Gli devo moltissimo. Purtroppo ho sempre paura di deludere le persone a cui piaccio.
MC: Credo che, in una certa misura, tutti abbiamo la stessa paura.
CR: È vero. Man Ray, per esempio, in fondo era timido, e questa timidezza lo tormentava. Aveva paura di non piacere a nessuno e, siccome provavo lo stesso timore, gli ho voluto bene a modo mio.
MC: Mi sembra che tutti ti vogliano bene, Carol. Tutti non fanno che dire quanto tu sia intelligente, quanto sei bella...
CR: Lo dicono adesso, tesoro, perché sto invecchiando e una persona anziana non causa più problemi, non suscita gelosie. Ma in realtà sono brutta. Anche se non ha importanza: essere giudicata in base al mio aspetto mi ha sempre messa a disagio. Quando lavoro, valuto gli individui e le loro qualità, ne aggiungo delle altre. I difetti, per come la vedo io, non esistono. Sono un'invenzione della società, un'invenzione di gente crudele. La bellezza è molto importante ma fa soffrire le donne.
MC: Lo so. Fa soffrire anche gli uomini, di questi tempi.
CR: E va benissimo, perché è un modo per confrontarsi con se stessi ma, se è l'unico ambito in cui si giudica, quale prospettiva si può avere della propria vecchiaia? È meglio suicidarsi.
(Continua sotto)
MC: Hai paura di morire?
CR: Ho paura come chiunque altro. Si può essere intrepidi fino a vent'anni. Solo gli idioti lo sono anche in seguito. (ride)
MC: (ride) Non dirlo a me, avevo paura anche prima! Hai dichiarato che, agli esordi, i problemi erano una fonte di ispirazione. E adesso?
CR: Non ne ho più bisogno. Datemi un viso da guardare e avrò materiale per i prossimi vent'anni.
MC: Quindi non ritieni che per creare sia necessario il dolore, che bisogna vivere in un inferno o attraversare una qualche crisi per essere produttivi?
CR: No. Quando dipingo, non ho regole. Qualcuno vive in un inferno? Che cerchi di sfruttarlo al massimo.
Intervista tratta dal libro La passione secondo Carol Rama
Riportata sul blog del Gabinetto Sperelli a cura di Alice Zeolla
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